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Tavolo degli appalti: serve premiare la qualità - Settembre 2019

La maxigara per i servizi di pulizia degli uffici provinciali e di altri enti pubblici, dal Comune di Trento, all’Università, dalle scuole alle case di riposo diviso in 19 lotti e del valore considerevole di 95,35 milioni di euro, si è concluso ad Agosto scorso con l’assegnazione dei lavori a ditte – la maggior parte extraprovinciali – che hanno offerto ribassi dal 30 al 40%.Un grande risparmio quindi per la pubblica amministrazione? Solo in apparenza. Infatti, come già espresso anche dal Presidente del Consorzio Lavoro Ambiente, che aggrega oltre 40 cooperative di lavoro e servizi operanti in Trentino e alcune nelle nostre Giudicarie la vera competizione sui ribassi che hanno consentito di vincere la gara si concentra soprattutto sulla parte economica e non su quella tecnica. Poiché questo tipo di servizi sono ad alta densità di manodopera, basati cioè prevalentemente sul costo del lavoro delle persone.

Questo significa che i risparmi maggiori sono proprio sulla parte più debole, il costo dei lavoratori, i quali dovranno sì essere riassunti mantenendo lo stesso contratto, ma senza riconoscimento dell’anzianità aziendale maturata, e a condizioni evidentemente compatibili con i maxi ribassi proposti in gara. Come si è già visto in altri casi simili, i rischi sono molti e vanno dalla qualità delle prestazioni erogate e oggetto di appalto ma, soprattutto, a scapito dei lavoratori. Si è già visto in passato! Gestire questo tipo di commesse applicando sconti del 30% impone non solo un attenzione ai costi, come è giusto che sia, ma anche l’adozione di stratagemmi di natura fiscale, che si traducono in meno contributi versati per i lavoratori. In altre parole, una migliore organizzazione del lavoro attuata da grandi aziende non potrà mai scaricare per intero il risparmio di costi di appalto, con il risultato che il rischio di sfruttamento dei lavoratori è molto alto. La questione va vista anche in una ottica più ampia. I servizi di pulizia negli uffici pubblici trentini attualmente sono distribuiti tra numerose aziende in cui sono impiegati circa 1300 lavoratori, di cui un terzo sono dipendenti e soci delle cooperative. Molti sono anche soggetti svantaggiati assunti dalle cooperative sociali di tipo B, ed insieme creano un sistema economico che è anche un originale modello di welfare, in cui la sostenibilità è garantita dall’equilibrio tra risorse pubbliche, efficienza e funzione sociale. Peggiorare le condizioni di fornitura di questi servizi, attraverso l’eccessivo abbattimento dei costi, non solo taglia fuori molte imprese trentine (cooperative ed artigiani, soprattutto), ma pone questi lavoratori nelle condizioni di dover chiedere l’intervento sociale sotto altre forme, generando quindi ulteriori costi per le pubbliche amministrazioni. Senza contare il valore di questi servizi anche per tante donne che con un lavoro (soprattutto) part-time consentono di integrare il reddito familiare e realizzare i propri progetti di vita. Temi sui quali occorre fare una riflessione molto approfondita e a 360 gradi, sia all’interno delle categorie imprenditoriali e delle parti sociali, sia con lo stesso ente pubblico. In questo quadro l’interlocuzione con la politica deve essere molto forte e auspicabilmente recepita dai nostri rappresentanti in consiglio provinciale, affinché si possa affrontare il tema nella maniera più ampia possibile, senza tralasciare alcun aspetto. Questa situazione non è tollerabile perché a rimetterci sono tutti i soggetti in campo: i lavoratori, le imprese, gli utenti, e quindi i cittadini.