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Quando mancano i punti di ritrovo, quel paese non esiste più - Gennaio 2020

Gli ultimi decenni hanno visto rafforzarsi la combinazione di fenomeni di invecchiamento della popolazione da un lato e di spopolamento delle aree marginali. È quindi fondamentale che le politiche pubbliche si occupino delle periferie, come le Giudicarie, ma altrettanto importante è che la cittadinanza assuma un ruolo attivo nella produzione di idee e azioni dal basso che si oppongano al declino di un territorio. A Vigo Lomaso, nelle Giudicarie Esteriori, il mese scorso è chiusa la Cassa Rurale. Ultimo presidio cooperativo del paese.

A Vigo Lomaso, un tempo vivace borgo rurale, fino alla fine degli anni 80 erano presenti il bar, la famiglia cooperativa, la cassa rurale, l’ufficio postale, la macelleria, una chiesa sempre aperta (La Pieve del Lomaso, la più antica pieve trentina seconda solo al Duomo di Trento) l’asilo e una canonica abitata dal decano. Oggi a Vigo Lomaso, paesino ai piedi del Monte Casale, riserva Biosfera Unesco, tra il Lago di Garda e le Dolomiti di Brenta, resiste la scuola dell’infanzia e le uniche forme di incontro sono proprio quelle generate dalle giovani famiglie che quotidianamente saldano il legame di appartenenza a quella comunità, organizzano momenti ludici, di incontro e confronto. Certo, per gli abitanti di Vigo, la chiusura della cassa ha più un valore simbolico che di effettiva mancanza di un servizio, ma questo pone comunque la necessità di alcune riflessioni sul tema delle aree marginali, della fuga da parte dei più giovani, non tutti per fortuna ma sicuramente di alcune promettenti leve. Lo spopolamento dei borghi isolati non è solo un problema della comunità locale che deve abbandonare il paese (vedi i giovani ad esempio). Il rischio dell’abbandono o dello spopolamento di alcuni paesi si traduce anche in una minore manutenzione a monte e quindi di un possibile trasferimento di problemi idrogeologici a valle, fino alla pianura. Sono ancora poche oggi le proposte implementate con successo per provare a contrastare questi fenomeni, come ad esempio le politiche di compensazione - messe in atto da alcune cooperative sociali e da quasi tutte le Famiglie Cooperative- tra attività redditizie svolte in aree più urbanizzate e servizi in perdita ma socialmente e geograficamente importanti nei paesi più piccoli, di recente con l’introduzione dei Multiservizi e SIEG (servizi di interesse economico generale). Tra le varie proposte vi è anche quella delle «Cooperative di Comunità». Alcuni esperti nell’analisi di cooperative, la propongono addirittura come nuovo paradigma di sviluppo economico e sociale per le aree marginali (EURICSE, 2016). Sono esempi interessanti La Cooperativa di Comunità «Valle dei cavalieri» nata nel 1991 a Succiso, piccola frazione della provincia di Reggio Emilia che negli anni 1950 contava un migliaio di abitanti, sette bar, cinque ristoranti, un caseificio, due negozi di abbigliamento, un ufficio postale, scuole elementari e medie e altre attività di servizio come il barbiere e il calzolaio. Oggi sono rimasti poco più di sessanta abitanti, di cui circa la metà sono soci della cooperativa stessa. Dopo che era già stata chiusa la scuola, quando chiuse l’ultimo bar un gruppo di giovani diede vita alla Cooperativa di Comunità Valle dei Cavalieri, riaprirono il bar, poi un minimarket (che vende il pane della cooperativa), un ristorante a chilometro zero, un agriturismo. Un altro caso spesso citato è la Cooperativa di Comunità «I Briganti di Cerreto». Fondata nel 2003 da sedici giovani di cui solo uno socio-lavoratore. Loro riaprirono il bar organizzando dei turni e si dedicarono anche ad attività boschive quali ad esempio la ripulitura di un castagneto (concesso a titolo gratuito) e conseguente raccolta delle castagne. Oggi la prima fattura circa 700.000 euro e dà lavoro a 7 dipendenti fissi e 5 stagionali, mentre la seconda circa 400.000 euro con 8 soci lavoratori. Se da un lato è certamente interessante studiare la possibile replicabilità di queste piccole realtà imprenditoriali, dall’altro per implementare con successo questo particolare modello cooperativo sono anche fondamentali le relazioni tra le persone stesse e con le istituzioni locali, ovvero il capitale sociale di un determinato territorio. Infatti, non è la «forma» di Cooperativa di Comunità (o altro) che può creare da sola una comunità. Sono invece le potenzialità e la «qualità» della comunità già esistente in un territorio che aumentano le probabilità di creare con successo – per esempio, ma non solo – una cooperativa di comunità.