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Puo’ l’economia sociale rappresentare un elemento per la ripresa del paese? - Aprile 2021

Nel giugno 2020, mentre si era ancora alle prese con la coda della prima ondata della pandemia da coronavirus, Euricse l’Istituto europeo di ricerca sull’impresa cooperativa che ha tra i soci fondatori la Cooperazione Trentina, l’Università di Trento e la Provincia di Trento fu tra i promotori di una lettera indirizzata al Governo con cui si chiedeva di avviare un confronto utile a condividere ed elaborare il contributo dell’economia sociale e degli attori che in essa operano, alla ripresa del paese. Tuttavia, l’appello non ottenne risposta. Cosi come inascoltato è rimasto l’analogo invito rivolto al Governo dalla Commissione europea affinché l’Italia partecipasse all’elaborazione del Piano di azione europeo per l’economia sociale, in approvazione nella seconda metà del 2021.

Lo scorso mese di Marzo è stato quindi presentato al Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro un ulteriore contributo, aperto alla condivisione e alla discussione, per dare più forza alla necessità di un’adeguata attenzione all’economia sociale non come rivendicazione di un gruppo di pressione, ma come requisito fondamentale di una ripresa solida e durevole. La pandemia ha contribuito ad un aumento della povertà e della disoccupazione, ma anche della sfiducia nelle capacità di governare la complessità del nostro tempo con le regole del secolo scorso. La pandemia ha avuto l'effetto di riportare in primo piano l'azione pubblica, concretamente e non solo in teoria, viste le centinaia di miliardi stanziati per salvare aziende e posti di lavoro e le decisioni assunte per fermare ogni attività privata, chiudere le scuole, congelare la vita sociale e rinchiuderci nelle nostre case. E massicci interventi pubblici saranno necessari anche nei prossimi anni per cercare di rilanciare la crescita, con la speranza che le imprese private seguano. Guardando alla fase più critica dell’emergenza, non è difficile rendersi conto che le misure prese dalle autorità pubbliche sono state efficaci non tanto per il timore delle sanzioni minacciate (il più delle volte inapplicabili), ma per un diffuso senso civico che, riscoperto per l’occasione, ci ha fatto accettare limitazioni alla nostra libertà in nome di un bene comune. Volendo riflettere in prospettiva, sono diversi gli elementi che spingono verso la consapevolezza che, per il buon funzionamento dell’economia del futuro, non siano più sufficienti le imprese private tradizionali e le istituzioni pubbliche – cioè le istituzioni che formano quello che un po' semplicisticamente viene chiamato il binomio Stato-Mercato - ma si debba fare maggiormente conto anche sull’insieme di attori caratterizzati, al contempo, dall’autonomia delle imprese private e dal perseguimento di obiettivi di servizio ai loro soci e alla comunità e quindi di interesse pubblico. Di essi è necessario liberare il potenziale, riconoscendone ruoli e spazi di azione e individuare modalità di sostegno coerenti ed adeguate. Nell’appello di Euricse si evidenzia la necessità di un Piano d’Azione che punti a sostenere la crescita delle organizzazioni dell’economia sociale nei prossimi anni. Allineando peraltro l’Italia con l’Europa nella programmazione e nell’utilizzo dei fondi strutturali, dato che la Commissione Europea sta già lavorando in questa direzione. Il contributo a questo piano per l’economia sociale è stato predisposto seguendo una articolazione per punti: 1. Consolidamento e sviluppo: quindi nuove misure di sostegno finanziario che puntino a facilitare la capitalizzazione e l’accesso al credito. 2. Innovazione: iniziative di sostegno all’innovazione, l’adozione di soluzioni tecnologicamente aggiornate e la diffusione di strumenti per la digitalizzazione, e interventi per favorire i rapporti di collaborazione con centri di ricerca e sistema universitario 3. Amministrazione condivisa: sviluppare procedure che consentano di semplificare l’applicazione della norma con la gestione e la programmazione 4. Occupazione: sgravi fiscali per le nuove assunzioni, in particolare per l’assunzione di soggetti fragili, giovani al primo impiego, e persone espulse o a rischio di espulsione dal mercato del lavoro. 5. Formazione: corsi professionalizzanti e formazione permanente facilmente accessibile per chi sta già lavorando, e formazione specifica per il personale della pubblica amministrazione. 6. Visibilità: creazione di un osservatorio che fornisca una raffigurazione dettagliata dell’economia sociale, trattandone l’impatto economico diretto e indiretto 7. Dialogo istituzionale: coinvolgere e valorizzare tutte le forme giuridiche e organizzative riconducibili all’economia sociale. 8. Dimensione internazionale: partecipare attivamente alle iniziative dei vari organismi internazionali in cui si elaborano scenari e proposte di policy.