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Annata serena per il latte, ma preoccupa la campagna mediatica contro il consumo di carne - Maggio 2017

L’appuntamento del 18 e 19 Aprile scorso a Trento, è stato uno di quelli da non perdere. Si è svolta infatti la dodicesima edizione della “Festa di Primavera” presso la Federazione degli Allevatori, società cooperativa creata 60 anni fa, nel 1957, che rappresenta un riferimento per gli allevatori trentini. La Federazione degli Allevatori conta infatti circa 1200 soci, di cui settecento impegnati a tempo pieno nell’ allevamento animale, e, a loro volta, posseggono 40 mila capi tra vacche da latte (ventimila), animali giovani da latte (dalla vitella di pochi giorni alla manza che non ha ancora partorito), e cinquemila capi da carne.  

 

E proprio negli spazi di via delle Bettine si è svolto il consueto appuntamento della “Festa di Primavera “arrivato alla dodicesima edizione che quest’anno ha proposto un ricco programma per grandi e piccini. Dalle mostre concorso dei cavalli delle razze Haflinger e Norico e delle vacche razza Bruna e Frisona ai laboratori di caseificazione e lavorazione carni curato dagli studenti dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige. Una due giorni che da mattina a sera, ha visto gli allevatori trentini ma anche famiglie e curiosi partecipare numerosi e con un rinnovato entusiasmo. Una festa che coincide infatti anche con un importante momento di incontro tra la città e le valli, che riporta l’attenzione su un settore vitale per l’economia del territorio e per la tutela e la cura della montagna.

Quest’anno la mostra delle vacche da latte, organizzata durante la festa è state la migliore di sempre a livello provinciale, riportano gli organizzatori. Tanti allevatori hanno voluto esserci a conferma del prestigio della competizione, con un numeroso pubblico che ha affollato le tribune e ha assistito alla valutazione. Il clima di festa quest’anno ha coronato una annata positiva nel settore del latte, dove i prezzi, partiti malissimo (sotto i trenta centesimi a litro) ad inizio del 2016, sono via via cresciuti fino a riportare gli allevatori in “zona salvezza” e fa ben sperare anche la crescita, soprattutto negli ultimi anni, dei giovani allevatori, che proseguono l’attività familiare oppure partono da zero, ma in entrambi i casi, la maggior parte dopo percorsi di studio impegnativi. Una nuova generazione forte quindi anche di un bagaglio di conoscenze teoriche oltre che pratiche fondamentale per la valorizzazione di prodotti, ma anche di un territorio che deve fare i contri con un mercato sempre più globale. Le razze allevate in Provincia di Trento sono così ripartite: Bruna 39%; Frisona 39%; Pezzata Rossa 11,3%; Rendena 5,4%; Grigia Alpina 2,8%. Circa il 90% del latte bovino prodotto (in totale 1.400.000 quintali l'anno) è trasformato dai caseifici sociali riuniti nel consorzio Concast-Trentingrana. Poco meno della metà del latte prodotto è destinata a Grana Trentino (protetto dalla DOP Grana Padano). Tra gli altri formaggi troviamo la Spressa delle Giudicarie DOP e l'Asiago DOP.

Preoccupa invece la carne. In Italia infatti i consumi sono ridotti ai minimi termini, con un media che non raggiunge i venti chili all’ anno pro capite, contro gli oltre cento degli Usa, ad esempio. Nella nostra Provincia, dove esiste una filiera della carne certificata, controllata e tracciata che è un fiore all’ occhiello tra le nostre produzioni tipiche e dove i capi vengono selezionati a partire dal seme e alimentati attraverso un rigoroso disciplinare che privilegia i sottoprodotti della catena alimentare dell’uomo, solo il 15% dei consumatori trentini compra carne locale. Un’indagine dell’Osservatorio sul Nord Est registra una diminuzione della quantità di carne e pesce acquistati dietro cui si celano diverse ragioni: un cambiamento degli stili di vita, più improntati alla moderazione e alla sobrietà, o la necessità di modificare la propria dieta scegliendo di rivedere al ribasso il consumo degli alimenti. La prima considerazione che affiora spontanea però, è che la crisi sembra mordere ancora e costringere la popolazione a cambiare il proprio modo di acquistare, rivedendo il complesso del proprio carrello della spesa.