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La trasformazione digitale del lavoro: quale ruolo puo’ avere la cooperazione? - Novembre 2017

Una delle questioni che più di altre viene posta dai media, dagli economisti, dalle rappresentanze economiche e sindacali e non da ultimo dalla politica è quella di essere dinnanzi alla quarta rivoluzione industriale, indotta dall’innovazione digitale. Non a caso Il Piano nazionale Industria 4.0 si pone come obiettivo quello di rafforzare e integrare la produzione di beni e servizi con lo sviluppo di soluzioni tecnologiche avanzate per implementare modelli innovativi e risolvere le moderne sfide sociali, nei diversi settori di interesse, quali mobilità, salute, istruzione, cultura e turismo, efficienza energetica.

Possiamo certamente sostenere che questo momento storico puo’ essere interpretato come una delle cuspidi di cambiamento più significative degli ultimi secoli. Se facciamo una scansione temporale delle rivoluzioni industriali nel mondo occidentale, ne possiamo contare 3: nel 1784 con la nascita della macchina a vapore attraverso cui si è poi meccanizzata la produzione, nel 1870 con l’avvento dell’elettricità e la produzione di massa e da ultimo il 1970 con la nascita dell’informatica dalla quale si è generata l’era digitale, destinata a incrementare i livelli di automazione. I numeri ci dicono che sono oltre 2,5 miliardi le sottoscrizioni di un contratto di telefonia mobile nel mondo e che fra pochi anni aumenteranno a 8 miliardi. Tutti avremo un cellulare in tasca collegato a internet ( e forse più d’uno). Parallelamente l’industria stà trasformando i sistemi produttivi facendo interagire robotica, intelligenza artificiale, sensoristica evoluta e adottando metodi che possano portare attraverso l’analisi dei dati forniti da tutti questi dispositivi, delle informazioni di interesse. Dopo quella del vapore e dell’elettricità, la terza rivoluzione (oppure quarta?) industriale passa per il digitale e alimenta nuove forme di condivisione di beni e servizi, da parte di privati che si auto-organizzano, mediata da enti che gestiscono piattaforme digitali dove domanda e offerta si incontrano. Quella che viene chiamata l’economia della condivisione. Quello che sta accadendo a livello mondiale è impressionante. La catena Hilton è proprietaria di 610.000 camere in 88 nazioni dopo 93 anni di attività; con Airbnb in 6 anni di vita sono state messe a disposizione 650.000 camere in 192 nazioni. Vodafone puo’ contare su 443 milioni di utenti e 98.000 dipendenti; Whatsapp possiede 450 milioni di utenti con solo 55 dipendenti e in 5 anni di vita. Ma queste sono forme capitalistiche di economia della collaborazione. Esistono anche esempi basati su logiche cooperative come ad esempio Up & go, una piattaforma che mette in rete servizi di pulizia; Stocksy, dove circa 100 fotografi mettono in rete i loro servizi attraverso una cooperativa; Midata è una cooperativa in ambito sanitario che raccoglie dati e li mette a disposizione di enti di ricerca . Vi sono oltre 200 esperienze rilevanti nel mondo, trasversali a tutti i settori economici. A stima del Parlamento europeo che ha provato a quantificare la spesa pro capite annua che potrebbe essere “rimpiazzata” con l’utilizzo di queste nuove forme di economia, il calcolo va dai 1.100 euro l’anno in Bulgaria, ai 14.600 euro in Lussemburgo, passando per i 7.200 euro l’anno per l’Italia. Un economia che non cancella le forme di produzione del lavoro che conosciamo ma che per certi versi le ridefinisce e rimodella anche il sistema del welfare, del sociale. La cooperazione puo’ essere uno straordinario strumento per aggregare e tutelare gli utenti che su queste forme di economia vogliono integrare un reddito, sopperire alle esigenze famigliari in riferimento alla cura dei figli o degli anziani, costruire piattaforme di comunità per alimentare ad esempio, un turismo “esperienziale” che non sia limitato alla prenotazione dell’hotel ma a questa offra percorsi di incontro con i prodotti tipici, la cultura locale, le specificità del territorio.  La collaborazione tra le persone  portata a sistemi piu ampi , piu aperti e agevolati dalla tecnologia, alimenta la nuova cooperazione, quella 4.0. Infatti, Il rischio nei prossimi anni e al contempo la nuova sfida della cooperazione è quella legata al tutelare la nostra libertà di scelta, che sempre più è legata a una ricerca che operiamo su internet. Tra 5 anni la rete sarà piena di cose che ci riguardano.  Inserendo una ricerca in google, l’algoritmo che decide cosa farci vedere e quindi scegliere, è impostato su criteri che noi non consociamo, probabilmente finalizzati a vendere un prodotto.  Per non cedere ai grossi player mondiali  la nostra libertà di scelta, dovremmo abilitare la  cooperazione ad essere cinghia di trasmissione per favorire un cambio culturale che ricostruisce o ri-definisce i nostri criteri di scelta in modo trasparente.  La realizzazione di una piattaforma digitale cooperativa basata sulla nostra comunità territoriale, potrebbe abilitare un cambiamento culturale e di generazione di valore. Non solo fibra ma una infrastruttura collaborative territoriale abilitata dalla tecnologia, dove possano collaborare imprese, persone, istituzioni. Uno scatto culturale a cui nessuno puo sottrarsi in un momento centrale per la ridefinizione dei modelli sociali e culturali.