Riforma del credito cooperativo: cosa prevede? - Marzo 2016
Il decreto approvato dal Consiglio dei Ministri il 10 Febbraio scorso prevede la costituzione di una capogruppo che controllerà le oltre 360 Banche di Credito Cooperativo attraverso un patto di coesione, che si traduce in un vincolo giuridico che obbligherà le Casse Rurali a sottostare al coordinamento e alla vigilanza di questa nuova capogruppo. Va detto con chiarezza che con questa riforma, l’Italia si allinea al resto dei maggiori Paesi europei che hanno già riformato il sistema cooperativo nazionale, in Olanda con Rabobank, in Francia con Credit Agricole e in Germania con la fusione tra Dz Bank e Wgz Bank per fare alcuni esempi. Questo cambiamento non è dovuto ad una crisi del sistema ma piuttosto alle nuove normative europee di unione bancaria che prevedono un adeguamento della liquidità, della governance e della dotazione di capitale. Ma questa riforma, che poteva essere una buona riforma, ampiamente condivisa e in grado di rendere più forte l’intero sistema del credito cooperativo italiano senza togliere autonomia alle singole banche, manca di un punto di equilibrio convincente tra due diverse necessità: rendere il sistema più forte e coeso da una parte, evitare di ledere eccessivamente la libertà di impresa costringendo tutte le banche a far parte di un unico gruppo. Il Governo ha scelto una soluzione che sta scontentando praticamente tutti soprattutto con riferimento alla possibilità da parte delle BCC che hanno un patrimonio superiore ai 200 milioni di cedere l'attività bancaria ad una spa (del cui patrimonio comunque manterrebbero il controllo), oppure di fondersi con altra banca in forma di spa o addirittura di trasformarsi semplicemente in una Spa. Possibilità prevista previo versamento al fisco del 20% del valore delle riserve.